La prospettiva più utile per comprendere il senso della psicoterapia junghiana è quella che muove dal concetto di individuazione.
Questo concetto, nella psicologia di Jung, indica un processo attraverso il quale, con l’integrazione di elementi coscienti ed inconsci, la personalità si costituisce come un tutto unitario ed organico, e l’uomo «diventa ciò che è», porta a compimento la propria natura, compiendo il percorso che già gli antichi greci consideravano una via verso la felicità, che chiamavano eudaimonia, perché rappresenta la meta che il «buon demone» (eu-daimon), che abita ogni essere umano, sa indicare.
L’individuazione è, per Jung, il compito di ogni uomo, e la terapia deve mirare a facilitare e stimolare questo processo. Attorno a questo concetto, quindi, egli costruisce una psicologia molto diversa dalla psicologia causalistica e deterministica di Freud e di tante scuole contemporanee, rivolte prevalentemente verso il passato, nel quale si cercano le cause dei sintomi attuali, considerati il punto di arrivo di un percorso originato nella storia più o meno remota del paziente.
La psicologia di Jung, invece, guarda soprattutto al futuro, integrando il punto di vista causalista con una prospettiva prospettivista, che vede nel sintomo attuale anche il possibile inizio di un percorso creativo, che si sovrappone al cammino di guarigione. I «sintomi» del disagio attuale, in quest’ottica non vanno, quindi, soltanto spiegati con i metodi delle scienze della natura, ma vanno compresi con gli strumenti delle discipline dello spirito.
Il finalismo psichico di Jung integra e supera la concezione causalistica e deterministica freudiana, volta soltanto alle «cause» passate dei fenomeni attuali, per proporre una visione dei sintomi attuali – il presente – come avvenimenti che originano, certamente, da questo passato, ma contemporaneamente si proiettano verso il futuro, indicano una meta da raggiungere, com’è spiegato nella frase citata nella home page di questo sito.
Per far questo, Jung introduce il concetto di un’entità ordinatrice, il «Sé», che corrisponde alla totalità della vita psichica, ed include sia l’Io che l’inconscio. Il Sé è la «somma ipotetica di una totalità indescrivibile», la totalità della vita psichica, la somma degli elementi consci ed inconsci, che precede e comprende l’Io.
E’ il Sé che spinge, spesso costringe l’Io verso il processo di individuazione, stimolandolo ad affrontare il difficile cammino per «diventare ciò che si è», ciò che si è in potenza, per raggiungere la pienezza esistenziale.
Questo cammino presuppone l’integrazione degli aspetti consci della personalità con quelli inconsci, che sono soltanto in parte rappresentati dai contenuti rimossi, come voleva Freud, mentre, in gran parte, rappresentano la realtà più autentica degli esseri umani, che è strutturata secondo un codice diverso da quello logico/razionale della coscienza, e si manifesta, nella sua forma sana e creativa, nei sogni e nelle espressioni artistiche e, nelle forme patologiche, nella malattia, che sopravviene quando la psiche cosciente non è più in grado di gestire questi contenuti e di incanalarli verso forme positive e creative.